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      L'oppressione intanto nelle Romagne si faceva ogni giorno pił intollerabile, perchč la nazione sentiva ogni giorno pił la sua coscienza, e il suo diritto, e la sua vergogna. Allora fremevano contro i loro capi le fratellanze; e gli gridavano servili e sleali; e prorompevano a incomposti e tumultuari disegni.
      Qual era dunque la mente dell'Azeglio e degli altri sollecitatori? Volevano spingere, o volevan frenare? O solo preparar da lontano gli animi, affinchč in ogni caso si volgessero al re, piuttosto che a pił risoluti e liberi consigli? Forse intendevano solamente che il re, accaparrandosi quella furtiva popolaritą, potesse in ogni caso, nel naufragio degli alleati, salvar se medesimo. Forse intendevano solo dividere dalla moltitudine i capi: seminar fra quelle temute tenebre la discordia e l'impotenza. Forse bramavano solo sapere: sapere quali affetti ardessero nelle addolorate viscere dell'Italia. E perchč poteva il re aver brama di saperlo? Per sua sicurezza soltanto? Ma come obliare ch'egli nel 1821 e nel 1833, pur troppo, era stato delatore dei nemici dello straniero allo straniero?
      Ad ogni modo le amicizie republicane di Milano e le fratellanze dei carbonari in Romagna, erano divenute, alcune deliberatamente, alcune per inganno, una specie di fanteria dei cavalieri albertini. E l'Azeglio e altri che avevano professato di ritrarre l'Italia da quello ch'essi chiamavano il malvezzo delle societą secrete, se ne facevano essi i capi, e ordivano un secreto nel secreto. E per lo stesso modo, dopo aver predicato che non volevasi governo in piazza, mandavano dalla locanda di Porta Rossa il vessillo di Savoia nelle vie di Firenze, come se fosse desiderato dal popolo fiorentino che non lo conosceva, e non lo curava.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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