L'altro danno, però transitorio, si fu di sviare la nazione dal puro e immediato amore della libertà; la quale, per essere l'Austria omai chiusa entro i suoi confini, potevasi ottenere da tre quarti della nazione, senza guerra e senza pericolo; ed erasi in certo grado ottenuta. Poichè la Sicilia era veramente libera; e dappertutto ai principi protetti dall'Austria s'era estorto un po' coi modi gentili, un po' cogli aspri, la libera stampa e un abbozzo di costituzione. Nè quando tre quarti della nazione avevano la libertà d'intendersi e d'armarsi, poteva indugiare a lungo la liberazione del rimanente; il quale per poco non bastò a se medesimo, e solo per manco di buon consiglio. Ma ciò che chiamossi la fusione, era noncuranza e quasi disprezzo della libertà. E inoltre, sconvolgendo di prima giunta i confini degli Stati, avanti di prevedere alla forza interna di ciascuno d'essi, correva a cozzare contro il punto fermo dei trattati del 1815. E questi non si potevano sciogliere se non coll'assentimento di molte potenze; anzi piuttosto con una innovazione di tutto l'ordine europeo e colla commune caduta di tutti i governi, quello compreso che colla fusione volevasi a spesa degli altri governi ingrandire.
Ora che abbiamo accennato ciò che le società secrete non fecero, resta a dire ciò ch'esse veramente operarono. A ciò ne porgono lume i frammenti che abbiamo raccolti da un manoscritto del Montanelli e da varie memorie di promotori del moto milanese; e danno bastevole indirizzo anche intorno a ciò che sarassi operato, da quelle moltissime altre fratellanze, delle quali ancora non abbiamo i documenti.
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