Ma un popolo non si move invano. E il nostro aveva deciso terminarla per sempre coll'Austria. Ad un prete che mi domandò se doveva far sonare le campane a martello, titubando altri, risposi di sì. E fra gli applausi, che alcuni ci facevano sin dai tetti colle tegole in mano, marciammo, sotto una pioggia di coccarde, ridenti e ardimentosi".
Giunti a mezza via tra il Governo ed il Broletto, scontrarono una pattuglia, che al veder tanta gente la salutò ad ogni buon conto con polvere e piombo. Casati e O' Donnell si rifugiarono nella vicina casa Vidiserti. Così fu stabilito dal caso il quartier generale dei cittadini. Nei decreti dettati a O' Donnell erasi attribuita al municipio la polizia; e gli si concedeva di dare le armi della guardia di polizia alla guardia cittadina. Ora che le armi erano concesse, rimaneva d'andare a torle a chi le aveva. Fu inviato a tal uopo al direttore Torresani il delegato provinciale Bellati, e nulla ottenne.
Era invasa di pattuglie tutta la città, tuonava il cannone, allorchè alle tre apparve sulle pareti un appello al popolo, per opera di quei medesimi che nella notte avevano decretato il combattimento. Invitavano i cittadini a proclamare "unanimi e pacifici, offrendo pace e fratellanza, ma non temendo la guerra", l'abolizione della polizia e delle leggi statarie, lo scioglimento dei prigionieri, la libera stampa, la guardia civica, una reggenza (erano memorie pertinaci del 1814), e infine, "la neutralità colle truppe austriache". Volevano dunque la guerra? o non la volevano?
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