Parve l'ultima goccia dell'odioso calice.
Le novelle di Vienna tornavano più contrarie ai governanti militari che ai civili. A questi presagivano solo nuovi riti amministrativi: più di ciance e meno d'inchiostro: e a chi di loro avesse ingegno promettevano più onorata fortuna. Ma ai marescialli, che si erano giurati alli insegnamenti russi e li avevano già ripetuti nel sangue, l'èra parlamentare dissipava quelle crudeli speranze. Per poco che l'Austria dovesse cedere alla necessità de' tempi, essa doveva richiamar tosto dall'Italia coloro che l'avevano tratta a quelle opere di sangue, dalle quali ella aveva sempre saputo astenersi. E ciò era anche necessità di finanze, poichè Radetzky dilatava ogni giorno la voragine; e avendo già 80 mila soldati da pascere, ne domandava almeno altri 70 mila. "L'esercito attivo in Italia non dovrà essere minore di 150 mila uomini". "Già da anni il maresciallo domandava 150 mila uomini, come forza assolutamente necessaria". Dimandava inoltre di cinger Milano di sedici fortezze, che il generale Hess voleva "con moltissime feritoie rivolte verso il Duomo". Ma, come scrive il general Willisen, "Vienna si ritraeva per economia". Epperò i militari fremevano contro i governanti civili; e Hess li appellava "miserabili faiseurs". Ora, non potendo aver altre armi per sè, Radetzky aveva dimandato licenza di disarmare i popoli. Il che mostra come la dimanda ch'ei faceva di nuovi soldati non fosse solo, come altri scrisse, "nell'ambizioso generale la smania di vedersi capo d'un esercito più numeroso". Doveva piuttosto essere sagace estimazione della natura dei popoli, ciò ch'è il contrario di quanto ne sentenziò l'arrogante scrittore di Custoza.
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