Un capitano di pompieri fu incaricato di trasmettere il foglio a Radetzky". Ad un tratto il Broletto si trovò investito; entrò a furia uno stuolo di granatieri ungaresi. Furono tosto loro incontro pochi giovani, armati di fucili da caccia e di qualche vecchia alabarda; e i granatieri furono costretti a dare indietro. "Molti non sapevano spiegarsi il perchè Radetzky, in cambio di rispondere alla lettera, mandasse que' suoi granatieri; i più animosi fecero sentire che coloro i quali volessero andarsene, approfittassero di quelli istanti".
Pochi erano quelli che là erano, ma deliberati: non più che cinquanta fucili; poca polvere; i soldati erano già padroni delle case vicine; sfondarono due botteghe, vi fecero entrare a coperto due cannoni. Pareva che l'edificio ruinasse dalle fondamenta; una breccia venne aperta. "Il Broletto sonava la sua campana a stormo: inutilmente: era impossibile al popolo, per quella via angusta, affollata di nemici, avvicinarsi al luogo del combattimento. Le munizioni mancavano; ci aiutavamo colle tegole. A caso ivi trovavasi il generale Teodoro Lechi; proponeva una capitolazione: nessuno accettò. La resistenza tornava inutile; ma la capitolazione pareva troppa vergogna; prevalse l'opinione dei più, quella di restare immobili. Entrava furiosamente la truppa; erano incirca due mila fra boemi e croati; avevano modi feroci; percotevano gli inermi. I più dei nostri s'erano rifugiati nell'appartamento del delegato regio, che venne pure invaso e sfrenatamente saccheggiato.
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