Il cauto arciduca, che non aveva interesse, com'altri, a sconvolgere e insanguinare il regno, concesse la custodia di quella pur fortissima città a 400 privilegiati; costrinse la soldatesca "a sfilar taciturna e sparire fra il tripudio del popolo". - La custodia delle porte fu concessa anche ai cittadini di Vicenza. Così, tranne la pianura milanese e il suburbio di Bergamo, nessun soccorso diedero, nemmeno in quel secondo giorno, i popoli indarno commossi alla città combattente.
In Piemonte intanto, il nuovo ministro Ricci chiedeva in iscritto che Genova "lo coadiuvasse colla tranquillità più profonda", quando, a rompere il nuovo letargo costituzionale, giunse, alle otto del mattino, la nuova che la guerra era cominciata. E a prima giunta Cesare Balbo, l'uomo della guerra ai barbari, obliò tosto l'unum porro necessarium; e rispose alle grida della gioventù, che voleva aver armi, chiudendole in faccia le porte dell'arsenale. Parve gran cosa a quei decrepiti adulatori dell'Italia, di prometterle tre campi d'osservazione a Chivasso, Novi e Casale, dietro la Sesia e il Po.
Era già strana cosa che in Milano amici e nemici riputassero capo del popolo un uomo ch'era mestieri tenere quasi a forza. Ma per poca notizia che si avesse di quanto accadeva nelle più interne parti della città, palesavasi il fatto più strano ancora, che il popolo dapertutto combatteva, e in nessun luogo aveva capi. Si pugnava a caso "senza alcun disegno, sforzandosi ciascuno presso le sue case d'acquistar terreno, d'abbarrarsi, di scoprire armi e munizioni e toglierne al nemico". Nella notte, qualche cittadino, sdegnoso che l'occulto comitato dei patrizi non mostrasse la faccia, propose si gridasse republica, si ricorresse alla Svizzera testè armata, alla libera Francia.
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