Non sapendosi che un governo in Milano era già secretamente pattuito prima che il combattimento cominciasse, proposero alcuni si procedesse ad eleggerlo immantinente. Ma il nome di governo involgeva necessità di personaggi autorevoli. Se codesti signori ne fanno parte, rispondeva Cattaneo, vi saranno d'impaccio; se non ne fan parte, impediranno che sia obbedito. Epperò propose un consiglio meramente di guerra, e di pochi e deliberati, solo per dare ordine alla difesa; anzi proponeva si chiamasse "comitato di necessità". Si scrissero i nomi delli astanti, onde interrogarne il suffragio. Ma molti ad ogni momento, in cerca d'armi e d'indirizzo, entravano, uscivano; nulla si raccapezzava. Alla fine parve più pronto ripiego prendere i primi quattro nomi, scritti in capo alla lista delli astanti. E così la rivoluzione andava a caso d'una in altra mano. Ove stavano, sia detto un'altra volta, le secrete associazioni? Perchè i capitani della arcana milizia non si ponevano inanzi, se v'erano?
Quel fortuito consiglio di guerra fu poscia trasfigurato dai romanzieri torinesi, in una prima elaborazione dell'Italia republicana, in un primo pegno delle venture discordie. Non è così. Di quattro soli, ch'erano i membri, non si conoscevano tutti, nemmeno di saluto. Giulio Terzaghi e Carlo Cattaneo si conoscevano solo dacchè dimoravano quivi allato colle loro famiglie nella casa Gavazzi. Giulio Terzaghi e Giorgio Clerici erano patrizi; e questi fu sempre sì poco in voce di republicano, che la fazione regia gli commise poscia il comando della guardia nazionale.
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