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      Tuttociò che rimaneva, fra quell'improvisa frana delli eventi, era di vigilare, affinchè quelli insensati, per credulità o per paura, non traessero seco il popolo in balìa del nemico. Epperò i membri del consiglio di guerra non dismessero il loro assedio a Casati, e si accamparono nella camera attigua a quella ov'egli era co' suoi. E con pretesto d'assicurare la custodia delli officiali prigionieri ch'erano di sopra, e di separarli da certi soldati prigionieri ch'erano di sotto, intercettarono ogni altro adito; e con consegne di porte, e con duplici parole d'ordine, difficultarono l'accesso. E si studiavano di dar essi pronto e diretto spaccio a tutte le inchieste dei cittadini accorrenti, allegando che il municipio fosse a secreta consulta e non potesse ascoltarli. Fra queste misere angosce, dovevasi dar opera ad animare ed indirizzare i combattenti.
      Già udivasi, dopo due giorni di silenzio, il grave rombo dei bronzi del Duomo; già in mano al colosso della Vergine sventolava il tricolore. Rispondevano con campane e con grida le pianure; le due strade ferrate apportavano a' piè de' bastioni squadre continue d'armati. Le soldatesche sulli sfrondati bastioni udivano e vedevano appressarsi da ambo le parti le onde del popolo, quando, a nuovo stupore scorsero veleggiare al vento uno stuolo di palloni, e sorvolar le mura e le porte indarno irte di baionette. Nei fogli che i palloni spargevano, il consiglio di guerra si appellava "a tutte le città e tutti i comuni del Lombardo-Veneto: Milano vincitrice in due giorni, e tuttavia quasi inerme, è circondata da un ammasso di soldatesche avvilite ma pur formidabili: noi gettiamo dalle mura questo foglio per chiamare tutte le città e tutti i communi ad armarsi". Era così ripudiato il pusillanime consiglio di patteggiare una solitaria tregua per la città, dissociandola dalle provincie.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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