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      E infatti Como, in quella matina, inviava già in soccorso una squadra di giovani; purtroppo anzi tempo. Perocchè il comandante Braumüller, che in quella città di 16 mila abitanti aveva 1500 soldati tutti stranieri, si accingeva ad assalirla, tostochè gli giungessero da Saronno l'artiglieria e la cavalleria che aveva richieste a Strassoldo. La presa d'una staffetta scoperse il suo proposito; scoppiò tosto nel sobborgo il combattimento; la squadra fu appena in tempo a retrocedere. Accorsero dall'interna città i croati; ma, ripulsi prima di giungere alla Porta Torre, abbandonarono sulla via ferito a morte il maggiore Milutinovich. La gran guardia col tenente Knesich, uscì per altra porta; ma fu dispersa; e dopo aver vagato la notte appiè dei monti, si arrese per fame. Le truppe ch'erano nelle due caserme suburbane tentarono invano sforzare la Porta Torre per unirsi di dentro ai croati; respinte nelle caserme, offersero nuovi accordi; ma il popolo, savio, voleva cedessero le armi. Dopo tre ore si riprese il foco, con vantaggio minore, poichè i soldati avevano avuto agio d'adattare a difesa i tetti e le finestre. I cittadini s'impadronirono della conserva del pane; apersero feritoie nelle mura della città e delli orti; fecero fossi e tagliate; tesero catene; pattuirono segnali d'avviso e parole d'ordine; appuntarono alle porte delle caserme vari cannoncini, raccolti nelle ville del lago ed in quella medesima del vicerè al Pizzo; e vegliarono in armi la notte, intorno ad ampi fochi accesi intorno alle mura e sui colli.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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