Nella notte, anche il battaglione milanese dell'Alberto si diede al popolo. Ma i maggiorenti, anzichè incalzare il nemico, ch'era ridutto a qualche squadrone d'ulani e una batteria pedestre, furono lieti di publicare come le loro pratiche presso il comando della milizia fossero valse ad ottener la promessa che si sarebbero astenute da ogni atto che fosse per ingenerar diffidenza! Non pensavano che quando in siffatti casi l'austriaco s'astiene, egli è che non può. Decretarono: "Le armi non sono affidate che alla civica, unita sempre alle truppe di linea; il rimanente dei cittadini rientri tranquillo nell'esercizio delle proprie funzioni".
E parimenti a Verona, benchè vi si fosse già spedita la favola che 50 mila piemontesi avessero assaltato il castello di Milano e preso Radetzky, i 400 dal vicerè privilegiati facevano pattuglie coi soldati per conservar la quiete. Intendevano solo a frenare il popolo; il quale, vedendo fornirsi di cannoni il Castel Vecchio, mettersi compagnie di cannonieri nel forte Sanfelice, raddoppiarsi i cannoni alla Gran-Guardia, due batterie campali appuntarsi alla piazza del Pallone, volle che si mandasse almeno a chieder conto al vicerè. Rispose questi, non esservi nulla a temere; potersi riposare sulla sua parola (la legge di sangue era già spedita da lui medesimo; e speravasi messa in opera). Egli intanto si mostrò mansuetamente pago che la porta del suo albergo fosse guardata dai civici, con due sole sentinelle croate; e per trastullare la plebe, fece levare il dazio dei commestibili.
| |
Alberto Verona Milano Radetzky Castel Vecchio Sanfelice Gran-Guardia Pallone
|