Così fu tenuta Brescia anche il quarto giorno.
No, l'impedimento all'intera vittoria del popolo non fu nelle armi de' suoi nemici, ma nelle anime irresolute de' suoi maggiorenti, tanto corrivi a provocare il pericolo, quanto ritrosi ad affrontarlo. E in ciò Radetzky medesimo locava omai le maggiori sue speranze. Aveva egli, nella notte precedente, risposto ai consoli, che si terrebbe onorato di vederli in Castello alle 7 del mattino; e in quella conferenza egli, egli stesso, propose che per tre giorni cessasse da ambo le parti ogni ostilità: "propose de cesser toute hostilité des deux cotés". È atto solenne, firmato da cinque consoli, e registrato nelle carte del parlamento britannico. E non importa se il Willisen ebbe a spacciare che Radetzky diede una secca e aspra ripulsa ai consoli stranieri, e fece significar loro ch'ei ben saprebbe ridurre al dovere i ribelli: "man werde wissen die Rebellen zu Paaren treiben". Nè importa con quale insolenza i generali affettino ora di parlare dei consoli che furono testimoni dell'avvilimento loro: "anche i consoli stranieri si mescolarono al combattimento; poichè debbono pur cacciare il naso, ovunque siavi da far qualche imboglio: da sie überall die Nase haben müssen wo es etwas zu verwirren gibt". Ah! in quell'istante era pure la sola àncora di salvamento. E con quale ansietà Radetzky l'attendesse, ben si palesa nella chiusa del suo dispaccio a Ficquelmont: "Le mie notizie delle provincie sono poche e tristi; tutto il paese è sollevato; e anche il popolo delle campagne è in armi; a due ore dopo mezzodì, l'armistizio non è ancora conchiuso, poichè, sino a quest'ora, nessuno della città mi si è presentato". La minuta della conferenza consolare del 21 marzo conferma come Radetzky mirasse solo a ingannare i consoli e i cittadini.
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