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      Gli rispondeva Carlo Cattaneo che l'armistizio avrebbe rotto l'impeto del popolo, e dato agio al nemico di far macello dei soccorritori; l'esempio apporterebbe contagio; uscirebbero nel primo giorno i forestieri e i timidi; nel secondo i prudenti; nel terzo i valorosi. Il nemico, che aveva fornito fin allora le munizioni, le fornirebbe ancora; se non bastassero 24 ore di viveri, basterebbero 24 ore di digiuno: il nemico non poteva reggere più a lungo sulla linea dei bastioni: e già v'erano concerti di forzarla in quella medesima notte. Infine dovesse pur mancare il pane, meglio morir di fame che di forca.
      La gioventù intanto fremeva; giunsero in solenne comitiva i consoli. Ed ebbero dal Casati il rifiuto dell'armistizio, "in nome dei cittadini che attualmente si adoperavano alla difesa della città, avendo il municipio un'autorità limitata dalla forza delle circostanze". Così fu risposto. I consoli scrissero a Radetzky che la sospensione d'ostilità, ch'egli li aveva incaricati di proporre al municipio, non era accettata: "n'a pas été acceptée". Lo pregavano di nuovo che consentisse un salvacondutto ai loro clienti, in caso che dovessero correre più gravi pericoli. Gli scrissero poi la dimane, a nome delle famiglie e dei prigionieri in Castello, i quali si credevano assai maltrattati (fort mal traités); attestando che i cittadini trattavano i loro prigionieri benissimo (parfaitement bien), come poteva dire per prova l'officiale austriaco apportator della lettera. Rispose Wallmoden scusando le circostanze, la penuria, le molte truppe addensate in angusto spazio.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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