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      Il 31 marzo, finalmente, entrarono in Mantova da ottomila soldati, in uno stato orribile: rotti, curvi dalle fatiche, laceri, mezzo disarmati; i gregari abbattuti e trasognati; gli officiali col veleno nell'animo e la rabbia nel volto
      . - Lo stato della fortezza e quello dell'esercito erano tali, che per lungo tempo parve non si pensasse intraprenderne tampoco la difesa. Asserisce un officiale che, coll'unione dei due corpi d'esercito in Verona e Mantova, fossero 36 mila uomini tutt'al più. "Ora", come nota Giovanni Arrivabene, "il presidio di Mantova in caso d'assedio non può esser minore di 18 in 20 mila soldati; un eguale presdio occorre per Verona, ed altri 6 mila soldati occorrevano per Peschiera e Legnago. - Aggiungasi la mancanza totale d'affusti pei cannoni grossi, la mancanza di munizioni da bocca; l'assoluto e letterale esaurimento della cassa di guerra e di quella di finanza; la penuria del sale, di cui alcuno del comitato aveva fatto arrestare sul Po le barche di trasporto procedenti dal Veneto; il bisogno di restauri alle fortificazioni, e la spianata attorno alle mura non eseguita ed ineseguibile. - Ed era ridicolo il veder cannoni grossi, collocati a semplice ed innocente dimostrazione sui bastioni, addossati a' cavalletti rigidi di rozzi tronchi inchiodati". Senonchè, quell'invisibile potenza che aveva raffrenato l'impeto del popolo a Brescia e a Bologna, e aperto a Benedek il ponte di Pizzighettone, e tenute in deposito fedele le porte di Mantova e di Verona, seppe procacciare al nemico il supremo rimedio del tempo, e con esso il riposo, e i viveri, e il denaro, e i rinforzi, e le occasioni, e il coraggio, e le capitolazioni; e dall'altra parte, seppe toglier lena ai volontari prima, poscia ai soldati, versare nelle anime lo sdegno, l'odio, il sospetto, il torpore, da ultimo, l'avvilimento e la disperazione.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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