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      Intanto "il popolo pensava solo a combattere". Epperò, fra i trecento che caddero in quei giorni, e i settecento che a poco a poco vennero poi morendo delle ferite, non si rinvenne quasi nome che non fosse della plebe, o in poco più lieta fortuna. E mentre taluni, in mezzo alle morti e alli incendi, raccoglievano in mano propria "ogni potere, il popolo, una volta adempiuto il suo voto, ricadeva in una tranquilla obbedienza ai dettami dell'ordine e delle leggi, nulla più domandando" (Lettera a Lord Palmerston, di Bozzi-Granville).
      Intanto, per questi indugi frapposti in Milano e in tutte le città da svogliati e frivoli capi, il moto dei popoli rimase in massima parte, impedito. Nella prima notte, consigli incerti di subire il pericolo, non d'affrontarlo e dominarlo; nel mattino, s'indirizza il primo impeto della adunata moltitudine, non sopra alcuno delli uomini che tengono in mano le armi, ma sopra un togato, i cui vani decreti non fanno cadere una baionetta. Il popolo sciupa il giorno, aspettando prima i quarantamila fucili, perfidamente vantati dai signori, poi i tre o quattrocento della polizia, assicurati dal decreto di O' Donnell; e rimane a mani vuote, a legger sulli angoli delle vie gli affissi che lo invitano ancora "a pace e fratellanza", e origliando i dubbi rumori delle altre parti della città, e indovinando onde provenga il sordo muggito del cannone che intanto sfonda le porte della casa municipale. - I popoli entrano nella battaglia a giorno a giorno, a squadra a squadra; nel primo dì, Milano e Venezia; nel secondo, la pianura milanese, il borgo Palazzo di Bergamo, e con infelice esito Crema; nel terzo, Como, Modena e Parma vittoriosamente; nel quarto, Varese, Monza, Pizzighettone, Cremona; nel quinto, finalmente, Brescia, dopo aver morso per quattro giorni il freno degli azegliani; ma già in quel giorno il freno azegliano ritrae dal combattimento Bologna, rende immobili Modena e Parma.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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