Noi crediamo che questo volume offra le prove di due fatti. Il primo si è, che il nemico, il quale, veramente aveva al suo comando centomila uomini, perdette nei cinque giorni due terzi della sua gente e pressochè tutte le sue fortezze, e solo per effetto dell'indolenza altrui vi riebbe ricovero e salvamento.
Il secondo fatto si è, che, per conseguire questa splendida vittoria, non si posero in atto, nemmeno per una quinta parte le forze dei sette milioni di popolo che abitano il Lombardo- Veneto, e le provincie italiane del Tirolo e dell'Illirio, e i ducati di Modena e Parma; essendochè l'insurrezione non fu veramente generale e impetuosa se non nelle due provincie di Milano e Como, le quali non sommano a più di 900 mila abitanti. E quivi pure mancarono affatto al popolo tre grandi elementi di siffatte imprese, cioè gli avvisi, gli eccitamenti e i capi. Anzi, e quivi e per tutto, coloro che il popolo era indettato a considerare come capi, fecero quant'era in poter loro, e con trattative e con ordinanze e con publiche esortazioni, per moderare e contrariare l'impeto dei giovani, e tenerli disarmati e inoperosi, e per aiutare il nemico, sia a star dentro le città, sia ad uscirne senza disastro e per le vie più opportune a' suoi disegni, sia a raccapezzare le smembrate sue forze e raccoglierle nelle fortezze, le cui porte essi gli tennero aperte, tenendole chiuse agli insurti. Egli è un fatto, che gli indirizzi e gli editti dei municipi, dei ministeri, e perfino dei comitati, parlano quasi tutti d'ordine, di quiete, di tranquillità, non diversamente da quelli dell'imperator Ferdinando, del vicerè Ranieri, e del duca di Modena o di Parma.
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