La forza espansiva della rivoluzione fu dunque tanto minore, in quanto l'idea della libertà universale non venne posta inanzi, ma quella più angusta d'una solitaria indipendenza. E quando si considera che, di lì a pochi mesi, gli ungari pugnavano contro l'Austria, non si può non deplorare quella giovanile impazienza che spinse a vibrare i primi colpi appunto contro i granatieri ungaresi a Monforte e contro gli ussari ungaresi in Camposanto, inspirando loro nella vendetta dei compagni uccisi un sentimento più forte ancora dell'odio loro contro i tedeschi. E quando si considera che colonnello di quelli ussari, nominalmente intitolati da Carlo Alberto e da Radetzky, era quel Meszaros che fu poi campione della libertà in Ungaria, fa ribrezzo il pensare quale fanatica letizia sarebbe stata quella dei combattenti, se lo avessero mirato, alla fronte de' suoi squadroni, cader moribondo sotto un colpo delle loro carabine. Il tempo ha svelato questi arcani nazionali, celati allora dalla stranezza delle lingue, e dalli odiati uniformi, e dalla scambievole ignoranza, e dall'orgoglio. No, se pesa sull'Europa una mole di tre o quattro milioni di soldati, non è che la causa dei popoli abbia tre o quattro milioni di nemici. Nell'esercito austriaco non sono i quattrocento o cinquecentomila soldati che hanno interesse ad opprimere se medesimi nel popolo; essi sono costretti; sono servi due volte infelici, sui cui s'aggrava la duplice catena del suddito e del soldato. La volontà loro è soppressa; l'anima loro è fusa in quella di quindici o sedicimila officiali; e questi pure chi sono? se non i figli di dieci nazioni, necessitati ad apparire stranieri e nemici alle loro patrie, e portare la maschera d'un'unità, ch'è il loro commune supplicio?
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