Radetzki era già in Verona.
Da codeste date quotidiane si dimostra falso che, come fu ripetuto dalli austriaci, turbe di montanari e di stranieri fossero discese in soccorso a Milano fin dai primordii del combattimento. Qui si vede che i soli uomini di Lecco giunsero la notte del quinto giorno; che i genovesi vi giunsero il giorno dopo la ritirata di Radetzky; che i comaschi e ticinesi giunsero ancora un altro giorno più tardi, cioè la sera del 24; e che i valtellini furono rimandati dal governo provisorio quand'erano ancora a mezza via. D'onde conseguita esser parimenti falso quanto molti spacciarono intorno all'inerzia e al malvolere delli abitanti della pianura. Poichè, anche per mancanza d'avvisi, furono essi i soli che poterono accorrere, e con somma audacia veramente accorsero d'ogni parte sotto le mura della città fin dal giorno 19, quand'era stretta dal nemico ancora intero e minaccioso. Ciò tronca dalla radice molti vaniloquii e calcoli falsi tanto di politica quanto di guerra.
Del protocollo segreto del governo provisorio di Milano abbiamo preso tutte le lettere di quei giorni; sono forse un centinaio, tutte inedite. Primeggiano quelle del conte Enrico Martini, che, incredibile a dirsi, vi si mostra il genio inspiratore di tutti i clandestini accordi tra quei signori e il quartier generale del re. I milanesi pur troppo dolorosamente espiarono poi l'immane colpa di avere in tanto pericolo lasciata la patria in braccio a tali uomini, di cui, per lo meno, non avevano alcuna aspettazione.
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