Pertanto parve opportuno ai rimurchiatori apportar tosto al re, ancora titubante in Alessandria, un assaggio di preda bellica. Leggiamo in data di Piacenza: "Tre ore dopo partiti gli austriaci, il popolo, il dì 26, sebben piovesse, si assembrò in piazza, gettò abbasso le armi vecchie ducali... Giunse il Gioia... Il 27, alle ore 9 del mattino, giunse qua il capitano del genio piemontese, Menabrea, con lettera del ministro Pareto, nella quale, sviluppando il principio della politica del re... offriva l'aiuto suo... Fu accettato per acclamazione; e subito si nominarono deputati al re il marchese Landi, figlio, e l'avvocato Gioia... L'inviato piemontese, udito che la deputazione aveva mandato di offerire la città, fece osservare che il re non si sarebbe contentato di un atto del municipio. Subito furono aperti registri, dove i notabili e chiunque cittadino scriverebbe il suo pensiero. E la sera, illuminate a gioia tutte le case, nelle vie più remote fu portata in processione fra torchietti la bandiera di Savoia". Notiamo bene: l'antica bandiera di Savoia, non quella d'Italia. Erano quelle le torce di discordia; infatti tosto leggiamo estratto di dispaccio del Menabrea: "Votre excellence aura déià appris qu'à Parme il y a eu contre-révolution en faveur de la famille des Bourbons". E tosto si palesa altro contrario disegno d'ingrandimento nei Borboni: "La noblesse de Parme, à ce qu'il parait, aurait envie de former un État ayant Parme pour capitale, et qui serait composé des duchès de Parme
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