Nè giova illudersi col dire che, per poco che si aggiunga, e per poco che si tolga, la federazione viene bel bello a confondersi coll'unità; poichè in tutte le faccende del mondo il passaggio da cosa a cosa si fa per gradi; e talmente per gradi si procede dalla pianta all'animale e dalla foglia al fiore e al frutto, che la scienza non può additare il punto ove il passaggio avvenga. Non per questo alcuno cambierà mai il fico colla foglia o la pecora coll'erba che la pasce o la paterna presidenza di Washington colla truce dittatura di Cavaignac. È l'antico sofisma del cumulo.
Sempre in preda a precipitose astrazioni, vedono nel mondo gli individui; poi le famiglie, ed è gran ventura; poi vedono anche commune, ossia l'azienda unita d'un centinaio forse di famiglie, e nel più de' casi, combinazione pressochè domestica e privata. Poi chiudono gli occhi per tutti gli altri internodii e ricapiti dell'umana società; balzano d'un tratto alla nazione, ch'è quanto dire, alla lingua. Ignorano lo Stato e le sue necessità. Dunque se una medesima lingua domina le Isole Britanniche, la Pensilvania, la California, l'alto Canadà, la Giamaica, l'Australia, per essi v'è solamente a far somma d'un maggior numero di famiglie e di communi. Dunque il Parlamento britannico non ha da far leggi; il Congresso americano sogna d'aver leggi da fare; tanto è più superflua una legislazione provinciale per i fratelli della Pensilvania e i venturieri della California; l'algido Canadà, la torrida Giamaica non debbono aver leggi proprie, che rispondano ai luoghi e alle tradizioni e alle varie mescolanze degli uomini e alla varia loro coscienza; l'Australia debbe aspettare in eterno ogni provedimento da' suoi antipodi, perchè parla la stessa lingua, e fa secoloro una sola nazione!
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