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      I più fervorosi corrono nudi alla pioggia dirotta, ai turbini delle montagne nevose, alle gelide rugiade che seguono i torridi giorni; si cimentano alla prova micidiale dei cinque fochi, ponendosi a capo nudo sotto il sole del meriggio, in mezzo a quattro cataste accese finché l'esacerbato cerebro si accenda a un delirio che il popolo prostrato e silenzioso ammira. Altri s'incatena per tutta la vita a un arbore della foresta, ad una rupe solitaria; altri passa la vita ginocchione, altri sopra un letto irto di chiodi; altri fissa le pupille nel sole finché la vista si spenga; altri sta molti anni colle pugna chiuse, finché le unghie crescenti trafiggano le palme; altri si flagella, si scarna, si svelle dal seno un viscere, e spira senza dar segno di dolore; altri in via di sacrificio si annega nelle sante aque del Gange; altri si corica impavido e placido in mezzo alla via, per esservi stritolato dal carro che porta in giro l'idolo gigante di Jaggernat, intorno al cui tempio la squallida maremma biancheggia d'ossa infrante. Quando i due Indiani alzarono un rogo alla vista dell'esercito d'Alessandro, e si gettarono volontarii tra le fiamme, le menti greche non seppero attribuirlo ad alcuna più alta ragione che al tedio della vita. Molti anni dovevano scorrere su la Grecia, prima che le si manifestasse l'arcano principio di questa guerra dell'uomo colla sua carne.
      Siccome nel panteismo braminico l'universo è una assidua trasfigurazione d'un unico ente, così la vita succede con perpetua catena alla vita.


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Dell'India antica e moderna
di Carlo Cattaneo
pagine 63

   





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