Ma essi rimasero lettera morta nei libri dei Bramini, e in fatto vero non furono applicati all'India; poiché non vi era ordine di schiavi (12), al tempo stesso che non era segnato il limite europeo tra la possidenza e la sovranità. Perloché, o principi conquistatori avevano già prima d'allora usurpato il diretto possesso della terra; o bisogna supporre che i bramini, per ricompensare il Maha Bali e li altri loro soldati e satelliti, spossessassero i primitivi abitanti, come fece Guglielmo in Inghilterra. E in fatti in un libro di più tarda età si trova scritto: "Per la vittoria la terra divenne del savio il quale l'affidò alle mani dei militi ("chatrya"), che la difendessero; e così nel corso dei tempi divenne cosa loro, affinché appartenesse a conquistatori poderosi e non a sottomessi agricultori!" (13). La usurpazione braminica però non divise il possessore dalla sua terra ponendo un altro al suo luogo, come fece la conquista normanna, e come era l'antico principio della confisca europea. Essa più scaltramente si limitò ad attribuire al conquistatore una parte del produtto, ma tale e tanta, che all'antico possessore rimase [798] solo ciò ch'era necessario a campar sottilmente la vita, e riporre le sementi e le altre scorte per l'anno successivo. Strabone già scriveva a' suoi tempi: "Sin tanto che l'agricultore paga questo tributo, la terra trapassa a' suoi posteri di generazione in generazione". Quella proprietà era dunque un diritto di coltivare, non di godere. Inoltre le successioni erano vincolate; e la legitima da ripartirsi tra i figli, escluse le femine, assorbiva tutta l'eredità; onde si sopprimeva un altro costitutivo della proprietà, ch'è diritto di disporre.
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