- Li apostoli" egli prosegue "apparvero all'occidente come esseri sovrumani, che non curando l'oro riducevano con assidue mortificazioni la vita a un lungo supplicio, impavidi al cospetto dei popoli e dei loro tiranni, sigillando col sangue la parola. Ma l'India, per le abnegazioni, è una Tebaide; i missionarii non possono colpire quelle imaginazioni gia troppo logore; è lo stesso martirio senza la stessa corona. - In Europa la mortificazione si ferma a quel punto in cui si fa evidente il trionfo dello spirito. Ma nell'India ella è una vera passione, che si pasce di sé medesima, senz'altro fine, senz'altro oggetto, a guisa di solingo delirio. Presso di noi il meraviglioso si circoscrive a provare la divinità della missione; ma quei popoli non conoscono proporzione né limite, onde ebbe a dire il missionario Dubois: "S'io parlava loro di miracoli, essi vi vedevano solamente un fatto ordinario". - Il missionario cristiano troverà a prima giunta benigna accoglienza; il bramino gli paleserà d'avere le più sublimi idee su l'unità e l'eternità dell'ente creatore, conservatore, rinnovatore; su la caduta dell'uomo e la sua salvazione; sul merito della penitenza, su la virtù purificatrice delle aque che cancellano i peccati, sul sacro riso che si distribuisce alla mensa del "prajadam", sul sacrificio dell'"ekiam" in cui s'invoca un salvatore. Egli senza ritrosia potrà prestarsi all'abluzione del battesimo, ma purché uomo d'altra non abbia toccato quelle aque; egli potrà promettere d'accostarsi alla sacra mensa; ma purché uomo di altra casta non mangi seco.
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