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      Fin da quel tempo i direttori della Compagnia mostrarono qualche ambizione di trapassare dal commercio ai conquisti di terre. - "L'incremento della nostra rendita territoriale" essi scrivevano "deve essere oggetto delle nostre cure al pari del commercio. Senza di essa non saremmo più che un numero più o meno grande di mercanti." Colsero essi l'occasione che li abitanti si levarono a tumulto contro il "nabob", e affettando di parteggiare per lui, gli chiesero tosto licenza di premunirsi contro la vendetta dei ribelli. E inalzarono una fortezza a Calcutta sul basso Gange; e intorno a quel povero villaggio impetrarono poi dal figlio d'Aurengzeb una lista di terra, lunga un miglio e larga tre, primo loro dominio, sul quale fondarono una città che ora annovera seicento mila abitanti.
      Intanto la Camera dei Communi, che aveva già trasferito a Guglielmo d'Orange l'antica corona delli Stuardi, e temeva che le ricchezze della Compagnia divenissero strumento di regali influenze, cominciò a mormorare contro quel privilegio d'esclusivo commercio, richiamandosi al naturale diritto d'ogni uomo di comprare e vendere non meno in India che in Europa. All'ombra di quella opposizione venne formandosi un'altra Compagnia, che tentò soppiantare e diffamare la primogenita; ma il vicendevole interesse le riunì poco stante in una sola, sotto nuovo privilegio (1708). Tutta quella prima età della Compagnia, benché tratto tratto ella gettasse qualche scintilla bellicosa, fu d'indole mercantile. Le tre presidenze erano veramente tre case di traffico; i suoi agenti si dividevano in allievi o scrivani ("writers"), che cominciando la carriera a sedici [813] anni incirca, dopo cinque anni di servigio divenivano fattori ("factors"), e dopo tre anni mercanti ("merchants"); fra i mercanti anziani si sceglievano i tre presidenti e i loro consiglieri.


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Dell'India antica e moderna
di Carlo Cattaneo
pagine 63

   





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