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      I tardi e inutili rigori ferirono acerbamente quella parte eziandío dei patrizii che non era nella congiura, e che riputavasi degna d'essere mallevadrice all'imperatore dell'obbedienza d'un regno, ch'essa infine gli aveva volontariamente donato. Allora per la prima volta l'ira le fece fare viso acerbo alla corte e starsene alquanto in disparte; e gli officiali austriaci, ch'erano di casa anche presso le famiglie più superbe e più selvatiche ai cittadini cominciavano a trovarvi meno sviscerate accoglienze.
      Queste cose abbagliarono l'Europa; e le diedero a credere che il moto rivoluzionario in Italia movesse dai signori, per calare passo passo ad una cittadinanza ignara e servile. Nessun maggior errore. Nell'ordine cittadino era l'anima della nazione; quivi erano più larghi gli studii, e più generose le volontà; quivi era inoltre la maggior mole dei beni; perocchè i patrizii nelle nostre province sono di gran lunga in minor numero, e hanno minori possedimenti che in tutti li altri Stati imperiali; stanno infatti alla popolazione solamente come tre a mille; e non tengono più d'una sesta parte delle terre. Ma un'opulenza accumulata in grandi porzioni sembra maggiore del vero.
      Dopo i giorni di luglio del 1830, i nostri patrizii poco si mossero, essendochè quella rivoluzione era fatta contro i loro intendimenti. Ma i giovani dell'ordine cittadino risentirono maggiormente la scossa; e si arrolarono poscia in buon numero nella Giovine Italia. Così mentre i patrizii tenevano rivolto l'animo verso il solo Piemonte, li altri abbracciavano nei voti loro l'universa nazione.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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