Poi d'un tratto le sue guardie, simulandosi inermi, ma celando le sciabole nude sotto ai cappotti, si avventarono dalli agguati loro in mezzo alla moltitudine che cantava inni a Pio IX; e ad un segnale del famoso conte Bolza, si misero a far sangue. E' manifesto che la polizia non aveva voluto disperdere la folla, ma bensì ricavar vantaggio dall'occasione, e farsi merito d'aver raffrenato un popolo ribelle. E da quel momento, si riputò in diritto di dimandare lo stato d'assedio, il giudizio statario, e tutti li altri supremi rigori; la legge doveva tacere, regnare onnipotente la polizia.
Ma il sangue non fece quello spavento che si era forse sperato; e l'indegno inganno accese anzi li animi del popolo. Le dimostrazioni continuarono più che mai; per più mesi, dai primi di settembre a mezzo marzo, non si cessò di mostrare al governo sotto le più varie forme il più aperto disprezzo. Quando giunse la novella della vittoria dei Palermitani, una folla, quale non erasi mai veduta, empiè il Duomo e le vie circostanti, a renderne grazie solenni a Dio, al cospetto del vicerè che stava a consiglio con Radetzki nell'attiguo palazzo. Si sarebbe detto che il popolo fosse arrolato tutto in una vasta congiura; e il popolo nulla sapeva; eppure ad ogni più nuova proposta improvisamente si moveva tutto come una sola persona; strana guerra fra un paese intero e un governo, che tanto sottili provedimenti aveva speso per tanti anni, a farlo ignaro d'ogni cosa di Stato e ciecamente ossequioso. Fu manifesta allora tutta la vanità di quell'arte metternichiana, che l'Europa aveva troppo lungamente venerata e temuta.
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