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      A tutta prima stavamo con certa apprensione che il notturno riposo avesse mai rallentato li animi; ma a poco a poco si videro uscire i cittadini e accorrere baldanzosi alle prime barricate; e in pochi stanti ai capi delle vie già tuonava intorno d'ogni parte il cannone nemico.
      In quel monento il generale Rivaira comandante dei gendarmi, visto il decreto O' Donnell che affidava ai municipali la polizia, mandò ad offerire al podestà i trecento gendarmi ch'erano in Milano. Codesto reggimento, unico di tal milizia nell'imperio e riservato alla Lombardia e al Tirolo italico, era assai rispettato dai popoli, e poteva inoltre fornire officiali e sottofficiali. Ma il podestà che voleva mutare il governo senza disobbedirgli, scrisse al Torresani capo della polizia austriaca, dimandando il permesso d'accettare l'offerta. E così se ne rimetteva a quella polizia medesima ch'era incaricato di scacciare e di surrogare. Certo che quel Casati avrebbe fatto volentieri una ribellione colla licenza dell'imperatore! - Ma la proposta sua, di ricorrere al Torresani, sollevò un sì generale mormorio, che fu costretto a lacerare la supplica. Scrisse adunque accettando i gendarmi; ma era tardi, acceso già il combattimento, interrotto ogni passo. L'esserci mancata in sì arduo momento l'adesione aperta di quella milizia, mise grave inciampo al moto de' popoli, sopratutto in Lodi, Crema e Mantova; ciò ch'ebbe fatali effetti sull'esito della guerra.
     
      Tutto quel secondo giorno si pugnò nelle diverse parti della città senza commune disegno, sforzandosi ciascuno presso le sue case d'acquistar terreno, di abbarrarsi, di scoprire armi e munizioni e toglierle al nemico.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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