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      Decoroso della persona, e ravvolto poi nel mantello come in atto di farsi ritrarre, ei dichiarò che il generalissimo Radetzki lo mandava a rilevare quale fosse la mente dei magistrati della città. Ciò udito, noi lo indirizzammo nella sala ov'era la municipalità coi nuovi suoi collaboratori. Dopo un quarto d'ora, il Casati fece invitare noi pure a prender parte al colloquio; e avendoci esposto come il generalissimo, cedendo a un senso di umanità, avesse dato al maggiore l'incarico che si è detto, aggiunse che il municipio proponeva un armistizio di giorni quindici; il quale intervallo pareva necessario, affinchè il maresciallo potesse far conoscere in Vienna il nuovo stato delle cose, e ottenesse le facoltà di fare le opportune concessioni. Casati, intendendo dunque che il generalissimo consegnasse nelle caserme tutti i soldati, e impegnandosi dalla sua parte a far desistere dal combattimento i cittadini, desiderava di sapere se il Consiglio di Guerra volesse a tal uopo interporsi presso i combattenti.
      Esplorato con uno sguardo l'animo de' miei colleghi, mi rivolsi al conte Casati, facendogli considerare, che non mi pareva già più possibile distaccare i combattenti dalle barricate. - Casati rispose, che lo si potrebbe ottenere a poco a poco. - Gli dimandai allora se, dato il caso che lo si potesse, eravamo ben certi che la prima notte che avremmo dormito nei nostri letti, non saremmo tutti sorpresi e appiccati -.
      Il maggiore, mostrandosi offeso, m'interruppe dicendo: - "Signore, non contate voi per niente l'onor militare?


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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