Poi, sollevando nel passaggio loro tutte le ville, e combattendo con nuova vittoria a Monza, erano giunti sotto le nostre mura, verso tramontana. Si accozzavano quivi con una colonna che aveva preso trecento uomini a Varese; e con un'altra sfuggita appena sul lago Maggiore ai satelliti del versatile Carlo Alberto, che avevano comando di disarmarla. Dal lato di mezzodì, una squadra partiva dalle vicinanza del Po, dietro le novelle apportate da un pallone; uno di suoi capi, Gui di Milano, venne ferito a morte sotto i bastioni; e Trabucchi di Belgioioso, povero padre di famiglia, fatto prigioniero mentre apportava armi e polvere, fu tratto a Lodi e contro il diritto delle genti vilmente ucciso. Il comitato di Lecco armava quel territorio, la Val Sassina, la Valtellina, e sommoveva la lenta Brianza. Bergamo mandò parecchie centinaia de' suoi cittadini e valligiani. Gerolamo Borgazzi, ispettore della via ferrata di Monza, raccolti duemila uomini, penetrò furtivo in città verso il meriggio del quarto giorno, per convenir con noi dell'ora in cui quella sera assalire dal di dentro e dal di fuori il bastione. Venne trascelta la Porta Tosa, presso la via ferrata di Venezia. Se non chè, nell'atto poi di guidare fra l'oscurità i suoi all'assalto, cadde ucciso dalla prima palla nemica; e la presa di quel luogo restò differita sin presso la sera del quinto giorno.
Intanto in città un popolo ingegnoso e infervorato divisava mille modi di far fronte alle esorbitanti forze del nemico. Si facevano cannoni di legno cerchiati di ferro, tanto che reggessero a certo numero di colpi; si faceva polvere e cotone fulminante; si fondevano palle; si raccoglievano con cura i proiettili nemici, e vi si rinvenivano grosse medaglie di ferro fuso, improntate per dileggio coll'imagine di Pio IX. I nostri scritti incalzavano senza posa il popolo:
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