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      Mentre si stampavano queste brevi righe, da spargersi tosto coi palloni, ne fecimo correre alcune copie manoscritte; e in pochi momenti le presentammo alla municipalità, colle firme di forse duecento cittadini. Il Casati rimase allora assai perplesso. E pel momento non si arrese al Martini, che lo incalzava a dichiarare immantinente un governo provisorio, che facesse la dedizione a Carlo Alberto.
      Frattanto il conte Giulini, che si era messo allora fra i collaboratori del municipio, aveva scritto un umile e flebile invito a Carlo Alberto, perchè avesse la misericordia di salvare Milano da quella razza che l'aveva altre volte distrutta. Attraversando l'anticamera, ov'egli leggeva a un crocchio il suo scritto, gli dimandai di qual distruzione parlasse : - "Come vuole, signor conte, che li Austriaci possano oramai distruggere una città, nella quale appena possono reggere per qualche altra ora?". - "Ma si può sempre temere", egli mi rispose. - "Non è il luogo, gli dissi; non v'è altri in tutta la città che mostri paura." - Egli rimise docilmente in tasca la supplica.
      Poco dipoi, penetrò nella nostra cameretta il Martini, lagnandosi delle dubiezze e debolezze del Casati e del Borromeo, e perciò sollecitandomi a comporre io medesimo un governo provisorio, che facesse la formale dedizione dal re Carlo Alberto desiderata e aspettata. - "Sa ella, mi disse, che non accade tutti i giorni di poter prestare servigi di questa fatta a un re?" - Gli risposi che il far servigi ai re non era cosa di mia portata; e che del resto io teneva fermo doversi invitare tutta la nazione; era da molti secoli la prima volta che avveniva di poter muovere a un solo fine e un solo sentimento tutti i popoli d'Italia.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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