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      Infine, la notte tarda, la municipalità, temendo che noi c'inducessimo una volta a prevenirla, deliberò di torsi la maschera della legalità austriaca, e dichiararsi governo provisorio.
     
      All'alba del giorno 22, entrato nella sala del presidente Casati, fui il primo a rassegnarmi; le necessità che avevano reso possibile il Consiglio di Guerra erano cessate; perocchè l'officio nostro era stato solamente di riparare alla pusillanimità dei municipali, di dare al moto popolare un'impronta schietta d'insurrezione, e di rompere apertamente la sudditanza austriaca. Dissi al conte Casati, che deponevamo il potere di cui per fatto dell'insurrezione ci eravamo investiti; ma che, siccome molti operavano a nostro dettame, noi, se ciò pareva opportuno, avremmo continuato a dirigerli nel combattimento, d'accordo col Comitato di Difesa. In tal caso, giovava congiungerci seco in un unico Comitato di Guerra, a cui presiederebbe un membro del governo provisorio. Dovendo in sostanza poi le costui funzioni esser quelle d'un ministro della guerra, io dimandai vi venisse destinato Pompeo Litta, che era già stato nella milizia del regno d'Italia. Il Casati aderì; e scrisse in un foglio: "Comitato di Guerra; Presidente: Litta; Membri: Cattaneo, Cernuschi, Terzaghi, Clerici, Carnevali, Lissoni, Ceroni, Torelli". -
      Ma il governo provisorio non ebbe l'animo d'annunciarsi apertamente, Parlò della sua venuta, solo per incidenza e di passaggio, nel conchiudere un'ordinanza d'altro argomento. In essa faceva menzione, per la prima volta, dell'armistizio nei due precedenti giorni "rifiutato ad istanza del popolo"; dichiarava adottati dalla patria i figli dei morti in battaglia; assicurava ai feriti gratitudine e sussistenza; poi soggiungeva:


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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