Li feci pertanto accontentare d'una sola secreteria, colle tre sezioni che la necessità delle cose sempre vuole : il personale, il materiale, i conti.
Ponendo in mano a quei veterani napoleonici la nomina dei nuovi officiali, volevamo sopratutto preservarci da quella cancrena funesta al Piemonte, d'accomodare i gradi dell'esercito ai gradi servili di corte. E v'era di peggio. Poichè al 26 marzo, il giorno medesimo dell'ingresso dei nostri alleati in Milano, il governo provisorio, senza udire il nostro avviso, si era avvinto a commettere l'istruzione del nostro esercito a officiali piemontesi fuori di servigio. E come tali gli si mandavano poi slealmente da Torino uomini già scacciati dall'esercito dal re; a cagion d'esempio, un Farcito De Vinea, il quale venne messo tenente- colonnello del primo reggimento, a fianco dell'onorato nostro colonnello Sessa; ed ebbe poscia a dimettersi, perchè l'Italia del popolo, publicò i documenti del suo disonore. Ed è chiaro che quando il Piemonte dopo trenta e più anni di pace chiamava in campo ogni sorta di soldati, li officiali valenti e volenti non potessero trovarsi fuori di servigio: ma di ciò si dirà diffusamente a miglior luogo.
Non solo il governo provisorio lasciava per tal modo indegnamente avvelenare l'esercito nascente; ma propendeva a indugiarne la formazione. Lasciava lungamente oziosi, poi sbandava, forse tremila soldati italiani che si erano ribellati all'Austria in Cremona e Pizzighettone, e ben altri settemila ribellati altrove.
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