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      - Precorrendo tutte le altre nazioni in un trattato di pace e di commercio con noi, essi avrebbero i vantaggi di pace e di commercio con noi, essi avrebbero i vantaggi d'una commerciale primogenitura. Se no, no! Dio ispirasse loro buoni consigli, prima che fosse tardi". -
      La plebe dei sobborghi di Vienna avverò entro sei mesi la nostra minaccia, ma inutilmente per noi; poiché le armi nostre erano già messe a terra dal re. E anche quello scritto ebbe a partire colla firma di Pompeo Litta, e come cosa che riguardasse i volontarii nemici e la guerra. Nessuno in governo aveva incarico d'affari esteri; anzi nessuno aveva portafoglio proprio, tranne Litta per la guerra; e anch'egli per fatto nostro; e non durò a lungo. Il Casati e il Durini stavano saldi al principio austriaco della collegialità, affinchè, in quella confusa promiscuità nessuno avesse a rispondere col suo nome delli atti suoi. Dal quale principio venne in molta parte la nostra ruina.
     
     
      VIILa politica di Carlo Alberto
     
      Carlo Alberto era mosso alla guerra da molte ragioni.
      Voleva anzi tutto continuare l'avita tradizione della sua casa di scendere coi secoli e col Po. Giungendo sino alla foce del Mincio, acquistava negli Stati di Milano, Parma e Modena quattro milioni di abitanti, e raddoppiava, o poco meno, il numero dei sudditi.
      Voleva poi salvare in Italia la parte retrograda, a cui nell'ebbrezza d'una mendace popolarità era sopraggiunta minaccevole la fuga di Luigi Filippo e di Metternich. L'improvviso risurgere della republica francese apriva il campo a un profondo rimutamento di tutta l'Europa.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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