Ma poi facevano votare al secondogenito del re la corona di Sicilia, inalzando futuri ostacoli in Palermo a quell'unità medesima, nel cui nome volevano prendere Firenze e Milano.
Convien dire che la casa di Savoia fosse già ebra delle future vittorie, se si dava a sperare che tanti popoli e principi correrebbero ciecamente a perigliarsi, per farla grande e infeudarsi a lei. Nè a ciò le bastava plauso d'adulatori e di sofisti; ma doveva attendere il giudicio dell'Europa; la quale appena forse le avrebbe fatto indulgenza del suo acquisto di Lombardia. Per verità si era già notato da molti, e più dai militari, come questa regione fosse dell'imperio solo un'appendice che da tre lati non lo toccava affatto; fosse interrotta da alpi e fiumi e laghi anche dove lo toccava; malagevole pertanto a occuparsi, impossibile a premunirsi. Ma oltrepassare il Mincio, era altra cosa. Perocchè il Tirolo Italico era avvinto alla federazione germanica; e la Venezia, congiungendosi alla Liguria, avrebbe costituito un nuovo Stato Maritimo, che mutava le condizioni dell'Inghilterra nel Mediterraneo.
Se li amatori della libertà d'Italia avevano avverse all'alta impresa le potenze settentrionali, non avevano almeno contrarii li interessi naturali delle republiche. Non così li amatori del nuovo regno. Poichè li Svizzeri avevano bensì caro l'allontanamento dell'Austria, tanto infesta alla loro pace; ma non potevano per ciò desiderare che, colla sottomissione di Milano, tutta la loro frontiera meridionale, dal Jura al Tirolo, e le vie dei due mari, venissero in arbitrio della sola corte di Savoia, nemica della libertà, intollerante alla religione altrui, e cresciuta necessariamente in superbia col crescere della potenza.
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