- Ora, chi diede cagione a Ferdinando di rompere la lega e togliere dalla nostra alleanza i suoi soldati, lo pose necessariamente in contrasto con coloro che l'avevano costretto alla guerra. Egli non poteva uscire dalla lega, senza entrare in una sanguinosa reazione. Dopo i quali fatti, è vano indagare se nella strage che in quei giorni afflisse Napoli, il primo colpo venisse dalla mano d'un cittadino o d'un provocatore. La precipitosa ambizione di Carlo Alberto aveva reso inevitabile il luttuoso conflitto. Sarìa stata ben maggiore onestà, ed eziandío maggiore avvedimento, il farsi conciliatore tra Ferdinando e i Siciliani, affinchè in quel fatale momento nel quale da un pugno di soldati poteva dipendere la salute e l'onore d'Italia, le forze tutte d'un regno di otto e più millioni si fossero applicate alla nostra guerra. Ma parve più bello a Carlo Alberto il soffiare in quelle fiamme, per aver poi modo a intrudere la sua casa sul trono di Sicilia. E così li strazii di Napoli e di Messina pesano quasi egualmente sull'anima d'ambo i re.
Senonchè, l'effetto si fu che, essendo dimostrato impossibile il tenere in freno e in concordia i nostri principi, fu dimostrato altresì non potersi rifare l'Italia se non colla diretta unione dei popoli. - Ed è il solo frutto vero di quella politica torinese, tanto falsa, quanto temeraria e ostinata.
Presi a quei lacci i membri del governo provisorio, non intendevano in quali difficoltà stessero per avvilupparsi, coll'adottare la proposta di fusione della Lombardia col Piemonte, vale a dire, l'assoluto sacrificio del principio popolare e federale.
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