Invaniti d'esser partecipi d'un gran raggiro principesco, e gią plaudendo a sč medesimi, quei malaccorti si figuravano di portar d'un tratto in Milano e in mezzo al loro fortunato conciliabolo, il trono di Savoia, non antivedendo li infiniti ostacoli che lo avrebbero impedito.
E per veritą se quella corte si fosse trasferita subitamente in Milano, avrebbe tratto seco le famiglie che la compongono, e quelle che traggono da lei sostentamento. Ed ecco ricader tosto a condizione provinciale quella cittą di Torino, fatta grande per forza artificiale d'una corte che in quella assoluta obedienza poteva tutto e faceva tutto.
Ma Carlo Alberto avrebbe poi voluto desolare in tal modo la sua cittą? immolarla a Milano? obliare li interessi di re, fino a torsi da quella salda rocca della feudalitą e del principato, per edificare sovra una mobile arena? disertare un popolo educato dai secoli ad ereditaria devozione, per un popolo incredulo e raziocinatore : trapassato e feltrato per ogni maniera d'inganni e disinganni : il quale abbisogna solo del favore del secolo e d'un breve agio di tempo, a svolgere nel suo seno una possente e indomita democrazia? Non sarebbe far come Napoleone, quando pospose la donna del suo amore alla principessa non curante e infida? - No! Carlo Alberto non avrebbe mai sbarbicato dalla terra di Piemonte l'arbore annoso della monarchia, per farne in Milano un palo senza radice.
Ora, se Torino doveva rimaner capitale, toccava dunque a Milano di esinanirsi a vita provinciale, altra difficoltą non minore.
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