E in conseguenza, non tardò due giorni a palesare il paese in fallimento. Senonchè il Casati, colla circollocuzione gesuitica a lui consueta, significò la cosa come affatto innocente, dichiarando coll'avviso del 28 marzo, che "la prefettura del Monte dello Stato era conservata, e che verrebbe con apposito decreto fatto conoscere il giorno in cui ripiglierebbe il corso delle ordinarie sue operazioni". Queste operazioni ordinarie, vale a dire i pagamenti, non si ripigliarono più!
Nessun disordine poteva esser maggiore. Il governo austriaco, per appuntellare il malfermo suo credito, aveva fatto impiegare in quelle carte i capitali dei luoghi pii, di molte altre publiche instituzioni, dei pupilli, e di quanti avessero a fare depositi e sicurtà per pubblici contratti. E non era un valsente di Borsa scaturito da imprestiti venturosi. La rendita del Monte derivava per lo più da risarcimenti con difficili prove avverati, e spesso iniquamente mutilati, e da altri buoni titoli; ed era assicurata nel trattato di Vienna sul regno lombardo-veneto, col patto medesimo della sua fondazione.
Poco invero doveva importare a Carlo Alberto, che, colla fermata delli interessi, i pupilli rimanessero improvisamente affamati, e i luoghi pii lasciassero destituiti e vagabondi i loro clienti. Ma doveva bene importargli alquanto di non guastarci a bella prima il credito, senza il quale, nei tempi difficili che correvano, non era a sperare imprestito; nè, senza imprestito ben pronto e ben largo, potevamo improvisare il nostro esercito.
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