Si pregavano i cittadini "a offrire i loro cavalli per la causa santissima". Si faceva "appello ai facoltosi a radunare i cavalli da sella per l'esercito sardo". Lo stesso ministerio della guerra, deposta la militare truculenza, confidava nella generosità delli agiati cittadini, i quali volessero donare le selle per l'artiglierìa, o almeno imprestarle! Si chiedeva alle donne tela per la biancheria; si chiedeva ai communi "nella generale scarsità della tela, di supplire almeno col fustagno greggio per l'allestimento dei sarrò". Si faceva dimandare dall'arcivescovo alle chiese, in via di prestito, una porzione dei sacri argenti. Mai non si vide altro governo regnar così ginocchione. Per mandare un battaglione a soccorrer Venezia, fece fare la cerca dei fucili. Per comperare altri duemila fucili, fondò una società anonima. Infine volle sapere quante posate d'argento ciascuna famiglia avesse.
Il paese rimaneva stupefatto e avvilito. Aveva sempre avuto un'opinione dell'opulenza sua, maggiore anche del vero. Cadeva ora nel più profondo discredito di sè medesimo. A ottener il qual fine sempre più, il governo sospendeva la liquidazione dei debiti antichi dello Stato; e ad ogni istante dimandava misere anticipazioni d'un mese o di due sulle imposte prediali; il che dava impaccio alle famiglie, senza recare stabile sollievo allo Stato; poichè, in capo al mese o ai due mesi, doveva risorgere la stessa difficoltà. Laonde, quando si volle rianimare il languore del prestito coll'offerta dell'interesse, non si trovò più chi volesse affidare allo Stato i suoi capitali.
| |
Venezia Stato Stato Stato
|