Dal corpo dei 160 officiali di pace si fecero uscire, colle buone o colle cattive, quasi tutti li uomini d'animo libero; e perchè non si potevano cacciar tutti senza aprire li occhi alla ammaliata cittadinanza, vi si aggiunse quietamente un corpo aggregato, d'altri quaranta officiali. E delli uni e delli altri sempre presidente il Fava.
Tutto questo labirinto di vigilanza, di pace e di sicurezza era piantato a inciampo e spavento dei liberi cittadini. La delazione, che sotto l'Austria scorreva solo per meati immondi, cominciò sotto li auspicii dei gesuiti torinesi a infilarsi entro le vene della società. Per bassezza d'animo, e per furor di setta, vi si arruolarono persone cospicue; e addestravano a farci la guardia i loro servi e i nostri. Uomini di nobil nome ci facevano arrossire per loro, quando li vedevamo inseguire alle tavole rotonde i viaggiatori francesi e svizzeri. Dissigillavano le lettere, anche ai consoli delle potenze; correvano matutini a frugar nelle carte del canonico Ambrosoli; correvano notturni ad arrestare, una volta Giulio Terzaghi e due volte Enrico Cernuschi. Dissi un giorno ad una di quelle anime depravate, che davvero "rigeneravano questa volta il popolo, poichè avevano già nobilitato il mestiere della spia!".
La delazione porgeva la mano alla diffamazione e alla minaccia. Uomini frivoli e sleali, intrinsecati colla nuova polizia, spargevano le più odiose voci fra un popolo che, per naturale ingenuità, e per manco d'esperienza politica, era tuttora facile ad allucinare.
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