Egli non pensava che le cose nuove e grandi si fanno colle forze morali, e non col vano tumore e ingombro della materia militare.
Altri facendieri intanto, Leopoldo Bixio, e Paolo Farina, e il Pareto, e un Doria che forse non aveva letto le istorie di casa sua, brigavano a nome del popolo genovese, pregando Milano a farsi suddita di quel re sì poco a Genova accetto; e promettevano, senza fondamento alcuno di verità, di farla capitale del nuovo regno: "Il nostro cuore si slancia verso di voi. Uniti ai fratelli sardi, piemontesi e savoiardi, vi protendiamo le braccia anelanti all'amplesso fraterno colla vostra città, fatta nuovamente capitale di floridissimo regno, libero e costituzionale". E la guardia civica di Genova rinovava poscia la tentazione; e prometteva nuovamente al popolo milanese, in luogo della libertà, i regni del mondo :"Due vie vi stanno inanzi. L'una vi dà primato su tutti i popoli della penisola; vi apre una fonte larghissima di ricchezze e di forze. L'altra vi riporta inevitabilmente alla guerra civile; schiude nuovamente l'adito al barbaro. In quali vene scorre un sangue più republicano del nostro? Eppure noi soffochiamo con ogni possa i nostri istinti republicani; e facciamo di buon grado un olocausto, affine di cooperare alla unificazione italiana". E citavano anche la Sicilia, che voleva essere governata da un re costituzionale. Ma quel desiderio dei Genovesi d'esaltare Milano, veniva dall'odio loro contro Torino; e putiva assai più di guerra civile, che non l'attendere onoratamente a cacciare il barbaro dalla Venezia, e tener sacra la data promessa.
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