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      I facendieri misero tanta solerzia in codesti imbrogli, che in parecchi luoghi v'ebbero più voti che non vi fossero abitanti. V'erano uomini talmente infervorati nella fusione, che correvano a votare in più parochie: in quella della casa e in quella della bottega: in città e in villa, e in quante ville riescivano a farsi inscrivere. Altri toglievano i registri ai curati esitanti; e li portavano per le case, incaricandosi di firmare per chi non voleva o non sapeva; centinaia di voti erano scritti da una stessa mano; e molti erano nomi ignoti e imaginarii. Il numero materiale dei voti non era il terzo di quello che venne asserito; e i voti veramente deliberati e validi non furono molti. Infatti sull'oggetto del sì e del no si dicevano ai votanti le più strane cose; si diceva che da una pagina era il regno, e dall'altra la republica; dall'una i Tedeschi, e dall'altra Pio Nono; dall'una la republica, e dall'altra la vera religione! Ai riluttanti per istinto di libertà si diceva a rovescio che il regno sarebbe scala alla republica; che il re sarebbe soltanto strumento di guerra; e a pace fatta si caccerebbe con tutta la sua gente; e quei sacrileghi aggiungevano: quando tempo verrà, rifaremo le barricate.
      L'alternativa veramente posta ai votanti si fu: darsi a Carlo Alberto immantinenti, o aspettare a guerra vinta. Chi avesse voluto rispondere; nè ora nè mai, non aveva pagina ove scrivere il suo nome. Ed erano molti; e quasi tutti coloro che sarebbero stati li eletti dal popolo a deliberare; e uomini anche di diverse opinioni, purchè solo avessero senso di fede publica e di privata dignità. E tutti questi ebbero a schifo di accostarsi al turpe registro; e perciò la pagina della guerra vinta rimase deserta.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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