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      Sì ; dovevasi ripetere ogni giorno alla nazione italiana l'istoria dei tradimenti passati, a torre quell'imbecille fiducia che si riponeva nei traditori. Si doveva mormorare e fremere ogni giorno contro la guerra svogliata e molle; e non si doveva lasciare che ogni scaramuccia, ogni ricognizione senza proposito e senza frutto, si celebrasse in battaglia napoleonica e più che napoleonica; nè si glorificasse tanto una spada che usciva sì malvolentieri dalla vagina, e che nella prima battaglia campale rimase spezzata. I profeti della libertà non dovevano porsi a sedere e tacere, quasi neutri e forestieri, lasciando che le ambizioni cortigianesche prevalessero senza contrasto alla salvezza e alla gloria della nazione. Pur troppo in cuor loro essi fornicarono colla potenza regale; sperarono veramente più da quella che dalla forza del popolo, nel quale professavano di confidare unicamente. Tradirono li eterni principii per il piatto di lenti che la forza materiale aveva loro promesso. Erano pronti a soffrire, che, colla invasione della Lombardia, e colla diserzione della Venezia e del Tirolo e dell'Istria, e col furto della Sicilia, si ricominciasse una nuova e più durevole scissione delle terre d'Italia. Lasciarono mettere sulla santa bandiera il polveroso ragnatelo dei baroni di Savoia; e acconsentirono al patto che rimetteva la guerra del popolo in procura d'una corte, e dava in paga al mercenario la gemma della libertà.
     
      XL'esercito del re
     
      E' superfluo il dire come Carlo Alberto facesse ricusare apertamente o destramente eludere le molte esibizioni dei volontarii francesi, polacchi e svizzeri; i quali tutti avrebbero fornito li esperti officiali che il Piemonte non aveva in numero opportuno a condurre due eserciti.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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