Pagina (163/315)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma dal Piemonte fu spinta sul Mincio, a sforzate marcie, una gente d'ogni statura e d'ogni configurazione, staccata appena dalli aratri e da' telai, male ammaestrata nelle armi, e arrugginita pei lunghi congedi provinciali. "Deboli soldati, li chiama il loro generale, e disusati alle armi." E perciò la prima sua cura, quando giunse sull'Ollio, non fu quella di conquidere il nemico già vinto e avvilito, e non lasciargli agio a depredare le provincie ed empir di roba le fortezze; ma "il momento di riposo fu messo a profitto per introdurre un pò di disciplina nelle truppe, e per esercitare i nuovi venuti al maneggio delle armi, di che avevano estremo bisogno"(41). - Questi deboli e cattivi soldati ben potevano in buona parte ordinarsi in corpo di carrettieri, di scorte, e d'infermieri.
      A chi udì parlare dei centotrentamila soldati del re, faranno stupore, se prima non le conoscevano, le dichiarazioni fatte al senato del regno dal ministro della guerra, generale Da Bormida, il 21 ottobre. "Non si fa un esercito di uomini ammogliati, di uomini che passano pochi mesi sotto le armi, e poi vanno alle case loro. Abbiamo cominciato la guerra e non avevamo ottomila uomini d'ordinanza. Come sanno tutti, si chiamano uomini d'ordinanza quelli che fanno otto anni di servizio; ebbene sanno loro, quante promozioni, quanti sottocaporali si sono fatti durante la guerra? Quasi settemila! Certamente la cosa sarebbe fin ridicola; parrebbe che tutti i soldati d'ordinanza siano divenuti caporali: però furono fatti caporali anche alcuni provinciali.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





Piemonte Mincio Ollio Da Bormida