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      Le cose però non andarono sempre così. La pasta del soldato italiano è buona; e il nemico era veramente avvilito. Ma appena ebbe raccolto di che sfamarsi, ed ebbe soccorso da' suoi, e vide la dappocaggine che guidava la guerra italiana, egli tentò e ritentò finchè vinse. E alla prima sventura, i poveri provinciali non furono più soldati.
      L'esercito, dice il generale, composto com'era di soldati provinciali, trovavasi privo del gran movente che distingue il vero soldato dal contadino armato; il quale s'è capace d'uno slancio momentaneo, non lo è parimenti di sostenere le lunghe fatiche e i pericoli d'una ritirata. Un soldato così fatto, vuole vittoria, movimento; il minimo rovescio lo prostra, nè forza umana può impedire il disordine
      (45).
      Dopo la prima rotta si spedirono invano officiali ai ponti sull'Ollio "per trattenere quelle bande indisciplinate. Fu impossibile il fermarle; imperocchè forzarono ogni ostacolo opposto alla loro marcia furiosa; e con inconcepibile velocità, corsero fino in Piemonte, spaventando con menzognere novelle li infelici abitanti(46). Erasi pure manifestato un insolito scoraggiamento nei corpi più valorosi; i quali non si vergognarono di ritirarsi quasi senza combattere, davanti ad un nemico a loro inferiore e qualche volta immaginario.(47) Dacchè si era in ritirata, in generale si aveva ripugnanza di rimanere all'estrema retroguardia, per cui coglievasi il più piccolo pretesto onde schernirsene. Erano divenuti così pusillanimi, temevano persino l'ombra del pericolo; nè più si reputavano in sicurtà, se non quando trovavansi riuniti in grandi masse. pag.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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