Se i comandanti piemontesi avessero avuto facoltà di risolvere, e impeto militare, avrebbero potuto lanciare i loro reggimenti per la via ferrata a Treviglio, al momento medesimo del loro arrivo che fu al 26. Ma il Casati, per fare dimostrazione di servile ospitalità, non badò al nostro consiglio; e ci ordinò di farli alloggiare nel Castello; inutile impaccio, perchè i nemici avevano lasciato quel luogo in un disordine indescrivibile. Così si consunsero ventiquattr'ore. Credo la vanguardia avesse quattromila fanti, quattrocento cavalli e qualche artiglieria. A Treviglio poi v'erano già tremila volontari con due cannoni. Si sarebbero dunque trovati la sera stessa del 26 sul fianco di Radetzki, alla distanza d'una marcia; potevano minacciargli il ponte dell'Ollio; continuare almeno a turbargli i sonni. E siccome era privo di cannonieri, e non aveva molta cavalleria; nè il luogo pieno di fossi e di piantagioni era agevole a quell'arme, non correvano molto pericolo nell'avvicinarsi. Anche il dì seguente, trovandomi alla via ferrata per dare alcune disposizioni di loro servigio, non mi feci riguardo di sollecitarli a profittar del felice momento; ma pur troppo quelli officiali non erano avvezzi a stimar parola che non venisse da uomini dell'arte loro, che poi così poco avevano praticata. E la guerra non era più nostra.
Il retrogrado austriaco stava ancora a Crema al mattino del 28; era il sesto giorno dacch'era uscito di Milano; e la distanza era di sole trenta miglia. Una marcia confortata da così lunghi riposi, invece di accrescere il disordine, lo aveva riparato; aveva dato anche il tempo di raccogliere d'ogni parte i distaccamenti vagabondi, e i presidii fugitivi di Pavia, Piacenza, Parma, Bergamo e Brescia.
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