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      Il generale Teodoro Lechi, anzichè recarsi di persona a spronare e guidare all'opera i suoi Bresciani e i Cremonesi, e i volontarii che piovevano d'ogni parte, si recava placidamente a Pavia, per far baciamano al magnanimo re. E mi ricorda d'averne fatto veemente lagnanza a' suoi veterani nel comitato di guerra, dicendo loro che veramente la gioventù li aveva cercati per cani da lupo, non per cagnolini d'anticamera. Il governo poi faceva già intendere a tutti che oramai l'esercito farebbe ogni cosa; epperò gli pareva meglio che il popolo non si mescolasse a impacciare la guerra del re. Così trovò Radetzki liberi per ottanta miglia tutti i ponti dopo quello del Lambro. Il 28 passò l'Ollio col centro della sua colonna; il 30 era a Ghedi, ch'è incirca al meridiano di Brescia; era già ingrossato a 26 mila uomini con 1500 cavalli; e inviava altri 6 mila soldati per Leno.
      L'esercito regio, marciando intanto a suo bell'agio, raggiunse il nemico solamente al confine di Lombardia; ebbe il primo fatto d'armi l'8 d'aprile al ponte Goito sul Mincio. Ma giunto sopra i colli di Somma Campagna, che signoreggiavano l'altra riva, parve preso di repentina immobilità. La conquista della Lombardia pareva già compiuta, già finita la guerra, maturo il tempo del riposo e della mercede; a questa unicamente agognava il re. I suoi generali si accasarono nelle amene ville dei Veronesi e Mantovani; appena quei signori di corte degnavano lasciarsi vedere ai soldati. I quali intanto attendevano a imparare "il maneggio delle armi, di che avevano sommo bisogno". Tutti quei fatti d'arme di Rivoli, di Pastrengo, di Bussolengo, di Santa Lucia, di Goito, nei quali si prodigò senza disegno un sangue prezioso, e un tempo ch'era un dono di Dio nè si può sperare ad ogni volta, avvennero intorno a Peschiera, entro il raggio d'una giornata di cammino.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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