Dal lago di Garda ai Grigioni, la siepe rimase sempre formata dai soli volontarii, quantunque nelle antecedenti guerre lo stesso nemico avesse fatto sempre irruzione anco per quelle valli, a tergo della linea del Mincio. Alla prima partenza dei volontarii, avevamo raccomandata loro una pronta discesa in Tirolo, sì per propagare l'insurrezione sino ai naturali confini d'Italia, sì per assicurare a tergo e a fianco l'esercito regolare. Anzi se una parte considerevole dell'esercito vi avesse fatto subito impeto, poteva, traendo seco quei popoli sollevati e i montanari veronesi, discendere a rovescio sui colli di Verona, raccogliere a sè i crociati ch'erano a Montebello, sforzare la città tumultuante, certamente stringerla, torre al nemico la libertà di provedersi predando, e di ricever gente dalle alpi. Presa la piazza d'armi, nulla più importavano li angusti antemurali di Peschiera e di Legnago; e il cielo di Mantova avrebbe divorato quella qualunque moltitudine d'uomini che per lungo tempo vi dovesse rimanere.
Ad ogni modo i volontarii si dovevano mandare nel Tirolo in numero considerevole, anche per non ingannare e tradire i nostri amici; e tali erano stati li accordi fatti a Montechiaro. Conveniva poi dar loro capitani audaci e combattenti, e qualche scorta di regolari scelti, di cavalli e d'artiglierie. E per verità, quando si voleva poi fare stabile distaccamento a Rivoli col lago alla schiena, era meglio averlo fatto a Riva, a sommo il lago, ove sicuro della ritirata avrebbe potuto combattere più fermo.
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