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      Il dì 28 la nostra colonna entrava in Milano; ed era accolta in modo che, se colmò di gioia i nostri soldati, fa grande onore ai Milanesi, mostrando che se sanno ben battersi di fronte al nemico, non sono sconosciuti a chi, come loro, espone vita e beni, per la commune libertà(53).
      Si voleva che la nostra colonna ritornasse in Lombardia coll'onta d' una sconfitta. - Noi avremo contro di noi, quelli che non hanno fede nella rivoluzione, che non hanno fede nel popolo lombardo, che sono contenti di cangiar basto, senza aver l'ardire di pensare a liberarsi: ma avremo con noi tutti i generosi. E questi generosi vedranno quali uomini abbiano ora in mano i destini di Lombardia, vedranno s'egli è in questa guisa che si procura l'alleanza di tutti li elementi atti a far trionfare la rivoluzione; che si inspira fiducia a coloro che denno abbandonare i loro focolari per combattere lo straniero. E conosceranno avere l'Allemandi, o il ministro della guerra, o chi altri ne ha colpa, fatto il loro possibile per allontanare questi generosi, per alienarli dalla nobile impresa, per denigrarli in faccia al popolo lombardo, e denigrare il popolo lombardo in faccia all'Europa. Voglia il cielo che la Lombardia non abbia mai più ad essere ridutta a ricorrere a loro contro l'invasore straniero"(54).
      L'abbandono del Tirolo era il primo passo alla nostra ruina; ma Carlo Alberto in quei medesimi giorni ci tradiva anche sulla frontiera illirica. Lasciava che Nugent raccogliesse tranquillamente al di quà delle Alpi, sulle pianure dell'Isonzo un esercito per soccorrere Verona; lasciava che attorniasse Udine; che riducesse i pusillanimi suoi magistrati ad aprirgli, nella disperazione d'ogni soccorso, le porte.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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