Aggiunsi, che se l'esercito regio non era sicuro del Trentino, non avrebbe nemmen potuto conservare a lungo quella sua posizione in aria tra il Mincio e l'Adige, vera isola fra quattro fortezze. Il nemico a cavaliere d'ambo i fiumi, avrebbe posizione sommamente offensiva, appenachè dal Tirolo e dall'Isonzo potesse ricevere soccorsi. E potrebbe pel Tirolo stesso discendere sopra Salò e Brescia, come aveva sempre fatto, e costringere l'esercito a lasciare il Mincio, o per lo meno a dividersi. Era posizione sotto ogni aspetto falsa. Perchè lasciare al nemico quelle pingui provincie da divorare? perchè tradire così Venezia? Qual principio di difesa era quello che abbracciava una sola metà del nostro regno? Carlo Alberto faceva la politica, non faceva la guerra. Gravi disastri si preparavano per noi. Era giusto che sapessimo almeno chi doveva risponderne alla nazione; era tempo che il governo dimettesse il principio austriaco della collegialità e ripartisse fra i suoi membri i ministerii. Il Casati mi rispose essere cosa impossibile; i membri del governo provisorio essersi già troppo esposti, e non volersi aggravar più oltre.
Mi ringraziò gesuiticamente del buon volere; ma con incredibile pervicacia e per decreto di quel medesimo giorni 17, richiamò tutti i volontarii dal Tirolo a Brescia e Bergamo, sotto colore d'ordinarli e vestirli. Le infelici famiglie trentine, spinte, solo una settimana inanzi, a sollevarsi contro l'Austria, abbandonate ora all'austriaca vendetta, e profughe dietro i passi dei volontarii, fecero udire per la prima volta fra noi quell'accusa di tradimento che si alzava a quei medesimi giorni in Udine, e che con più funesto suono si ripetè alla fine nella nostra città.
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