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      Nugent passava il Tagliamento e la Piave; pure, dovendo egli tener presidiate Udine e Belluno, e custoditi molti ponti, non avrebbe potuto fare grave impressione nella Venezia, derelitta dal re, ma soccorsa dai fratelli romani e napolitani. Ebbene, Carlo Alberto da una parte, colli inverecondi maneggi contro il Borbone di Piacenza, aveva inimicato il re Ferdinando; e dall'altra, era riescito a imporre per generale ai Romani uno dei Durando. Sì poco destri quei generali regii a condurre i proprii soldati, si arrogavano d'essere capitani e maestri d'arme a tutta l'Italia. Nei loro opuscoli e giornali s'intitolavano moderni Macedoni, destinati ad atterrare l'imperio dei barbari. Di Macedoni, avevano solo l'odio della libertà. Durando indugiò prima a passare il Po; indugiò poscia a munire il passo della Piave; indugiò a combattere; combattè divisamente; mancò all'intento della sua spedizione; cadde in sospetto; fu accusato. A torto. Era solamente il servo del suo re; il tradimento era nella guerra regia; poichè, mirandosi solo ad una pace di Campoformio, si era fisso che l'Austria ristaurasse il suo dominio nella Venezia. Non sarebbe stato prudente consiglio nel re, lasciar sopravivere colà una repubblica, sì presso a Milano, sì presso alla città che doveva essere inevitabilmente sede dell'opposizione.
      Quelle infelici venete città erano nei calcoli del re già devote allo straniero; eppure egli frattanto simulava di volerle congiunte al suo regno; e dimandava loro fra quei terrori e quelle angoscie un libero voto di fusione col Piemonte.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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