Alcuni vennero fino a gettare il sacco; e senza l'intrepidezza dei loro capi, senza l'opposizione presentata al nemico dalla mezza batterìa del luogotenente Salino, e dalla compagnìa Griffini (di volontarii lodigiani), senza la natura boscosa del terreno, che impediva alla cavalleria (nemica) di vedere quanto succedeva, e di operare in conseguenza, la divisione avrebbe sofferto perdite immense"(65).
Pare infatti che in quell'inutile e assurdo assalto di fronte, contro una fortezza che non si voleva assediare, si avessero quasi mille tra morti e feriti. E ciò ch'è peggio, si rivelò ai soldati l'imperizia dei generali; e si tolse loro quell'impeto che viene dalla coscienza d'essere ben guidati. Prima di ritirarsi, non pensarono nemanco a distruggere il recinto del cimitero e li altri ripari, che servivano d'antemurale alla fortezza(66).
Il generale Bava interrompe qui la sua narrazione per querelarsi della stampa, che dava "relazioni così smilze, così fredde, così oscure". Sarebbe più giusto querelarsi dell'ingannevole sicurezza in cui si tenevano i cittadini con adulatorie notizie, le quali attribuivano la sconnessione delle mosse, non a dappocaggine dei capitani, ma bensì a smodato ardore dei soldati; e tacevano della fuga di cui le Guardie stesse avevano dato l'esempio; e tacevano dei volontarii lodigiani, che salvarono due cannoni dimenticati dai regolari fuggiaschi. Ora che il velo è caduto, non si può leggere senza sdegno il pomposo bollettino del generale Salasco: "Lo slancio, con cui le nostre truppe si spinsero all'attacco, sprezzando ogni pericolo, fu cagione che le ale del corpo d'armata, che dovevano coadiuvare la presa delle posizioni assalendole di fianco, non poterono giungere abbastanza in tempo". E non solo non accennava al disordine della ritirata; ma si vantava viceversa, che li Austriaci non avessero posa, se non quando giunsero sotto i cannoni di Verona(67).
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